Intorno all’hybrid working un colosso dell’hardware come HP ci ha costruito una nuova narrazione. Dalle lineup di prodotto alle novità dell’HP Amplify Partner Program, tutto è pensato per il lavoro del presente, perchè è già presente, e lo stesso paradigma AI viene declinato in funzione dell’hybrid working. “HP si focalizza sulla combinazione tra intelligenza artificiale e lavoro ibrido e su come saremo in grado di migliorare la produttività (grazie a questa combinazione, ndr)” – questo è il messaggio del Ceo Enrique Lores ripetuto più volte nel corso dell’ultimo HP Amplify Partner Conference di Las Vegas. Il Work Relationship Index, realizzato da Edelman Data & Intelligence per l’azienda americana, evidenzia un dato su tutti: solo il 27% dei “lavoratori di concetto”, come potremmo tradurre i knowledge workers, dichiara di avere una relazione sana con il proprio lavoro. Il 71% dei quasi 16mila interpellati in 12 Paesi del mondo chiede orari flessibili, ma solo il 26% ne usufruisce. Il 64% chiede di poter lavorare da remoto, ma solo il 24% lo può realmente fare. Addirittura, il 72% sacrificherebbe una parte del proprio stipendio pur di avere la libertà di lavorare dove e quando vuole. A fornire qualche dato interessante per l’Italia ci ha pensato Confindustria nella sua Indagine sul Lavoro 2023. I risultati indicano che più del 43% delle imprese – 3500 rispondenti - ha utilizzato questa modalità di lavoro nel 2022. In particolare, il 22,1% di queste ha introdotto il lavoro agile in via “strutturale”. In termini di intensità di utilizzo, misurata in termini di lavoratori in smart working sul totale dei dipendenti (non dirigenti) nelle imprese che lo hanno impiegato, il lavoro agile ha coinvolto mediamente il 35,9% dei dipendenti. Ancora, sempre secondo Confindustria, oltre tre quarti delle imprese che hanno partecipato all’indagine (76,1%) ha rilevato almeno un vantaggio derivante dall’utilizzo del lavoro agile. In particolare, il 44,7% delle imprese rispondenti ha rilevato una “migliore attrazione delle risorse umane strategiche”, e quasi il 40% un aumento della produttività dei dipendenti attraverso maggiore responsabilizzazione e orientamento al risultato. Una quota minore di imprese segnala tra i vantaggi il miglioramento dell’efficienza energetica e della sostenibilità dell’azienda (29,7%) e la riduzione dei costi aziendali legati alla gestione degli spazi (24,1%). D’altro canto, il 30% circa delle imprese ha indicato di aver riscontrato almeno una problematica dovuta all’utilizzo del lavoro agile, in particolare in termini di ostacolo alla comunicazione tra il personale (59,1% delle imprese rispondenti) e minor senso di appartenenza da parte di chi usufruisce di tale modalità di lavoro (33,7%).
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Intorno all’hybrid working un colosso dell’hardware come HP ci ha costruito una nuova narrazione. Dalle lineup di prodotto alle novità dell’HP Amplify Partner Program, tutto è pensato per il lavoro del presente, perchè è già presente, e lo stesso paradigma AI viene declinato in funzione dell’hybrid working. “HP si focalizza sulla combinazione tra intelligenza artificiale e lavoro ibrido e su come saremo in grado di migliorare la produttività (grazie a questa combinazione, ndr)” – questo è il messaggio del Ceo Enrique Lores ripetuto più volte nel corso dell’ultimo HP Amplify Partner Conference di Las Vegas. Il Work Relationship Index, realizzato da Edelman Data & Intelligence per l’azienda americana, evidenzia un dato su tutti: solo il 27% dei “lavoratori di concetto”, come potremmo tradurre i knowledge workers, dichiara di avere una relazione sana con il proprio lavoro. Il 71% dei quasi 16mila interpellati in 12 Paesi del mondo chiede orari flessibili, ma solo il 26% ne usufruisce. Il 64% chiede di poter lavorare da remoto, ma solo il 24% lo può realmente fare. Addirittura, il 72% sacrificherebbe una parte del proprio stipendio pur di avere la libertà di lavorare dove e quando vuole. A fornire qualche dato interessante per l’Italia ci ha pensato Confindustria nella sua Indagine sul Lavoro 2023. I risultati indicano che più del 43% delle imprese – 3500 rispondenti - ha utilizzato questa modalità di lavoro nel 2022. In particolare, il 22,1% di queste ha introdotto il lavoro agile in via “strutturale”. In termini di intensità di utilizzo, misurata in termini di lavoratori in smart working sul totale dei dipendenti (non dirigenti) nelle imprese che lo hanno impiegato, il lavoro agile ha coinvolto mediamente il 35,9% dei dipendenti. Ancora, sempre secondo Confindustria, oltre tre quarti delle imprese che hanno partecipato all’indagine (76,1%) ha rilevato almeno un vantaggio derivante dall’utilizzo del lavoro agile. In particolare, il 44,7% delle imprese rispondenti ha rilevato una “migliore attrazione delle risorse umane strategiche”, e quasi il 40% un aumento della produttività dei dipendenti attraverso maggiore responsabilizzazione e orientamento al risultato. Una quota minore di imprese segnala tra i vantaggi il miglioramento dell’efficienza energetica e della sostenibilità dell’azienda (29,7%) e la riduzione dei costi aziendali legati alla gestione degli spazi (24,1%). D’altro canto, il 30% circa delle imprese ha indicato di aver riscontrato almeno una problematica dovuta all’utilizzo del lavoro agile, in particolare in termini di ostacolo alla comunicazione tra il personale (59,1% delle imprese rispondenti) e minor senso di appartenenza da parte di chi usufruisce di tale modalità di lavoro (33,7%).
Intorno all’hybrid working un colosso dell’hardware come HP ci ha costruito una nuova narrazione. Dalle lineup di prodotto alle novità dell’HP Amplify Partner Program, tutto è pensato per il lavoro del presente, perchè è già presente, e lo stesso paradigma AI viene declinato in funzione dell’hybrid working. “HP si focalizza sulla combinazione tra intelligenza artificiale e lavoro ibrido e su come saremo in grado di migliorare la produttività (grazie a questa combinazione, ndr)” – questo è il messaggio del Ceo Enrique Lores ripetuto più volte nel corso dell’ultimo HP Amplify Partner Conference di Las Vegas. Il Work Relationship Index, realizzato da Edelman Data & Intelligence per l’azienda americana, evidenzia un dato su tutti: solo il 27% dei “lavoratori di concetto”, come potremmo tradurre i knowledge workers, dichiara di avere una relazione sana con il proprio lavoro. Il 71% dei quasi 16mila interpellati in 12 Paesi del mondo chiede orari flessibili, ma solo il 26% ne usufruisce. Il 64% chiede di poter lavorare da remoto, ma solo il 24% lo può realmente fare. Addirittura, il 72% sacrificherebbe una parte del proprio stipendio pur di avere la libertà di lavorare dove e quando vuole. A fornire qualche dato interessante per l’Italia ci ha pensato Confindustria nella sua Indagine sul Lavoro 2023. I risultati indicano che più del 43% delle imprese – 3500 rispondenti - ha utilizzato questa modalità di lavoro nel 2022. In particolare, il 22,1% di queste ha introdotto il lavoro agile in via “strutturale”. In termini di intensità di utilizzo, misurata in termini di lavoratori in smart working sul totale dei dipendenti (non dirigenti) nelle imprese che lo hanno impiegato, il lavoro agile ha coinvolto mediamente il 35,9% dei dipendenti. Ancora, sempre secondo Confindustria, oltre tre quarti delle imprese che hanno partecipato all’indagine (76,1%) ha rilevato almeno un vantaggio derivante dall’utilizzo del lavoro agile. In particolare, il 44,7% delle imprese rispondenti ha rilevato una “migliore attrazione delle risorse umane strategiche”, e quasi il 40% un aumento della produttività dei dipendenti attraverso maggiore responsabilizzazione e orientamento al risultato. Una quota minore di imprese segnala tra i vantaggi il miglioramento dell’efficienza energetica e della sostenibilità dell’azienda (29,7%) e la riduzione dei costi aziendali legati alla gestione degli spazi (24,1%). D’altro canto, il 30% circa delle imprese ha indicato di aver riscontrato almeno una problematica dovuta all’utilizzo del lavoro agile, in particolare in termini di ostacolo alla comunicazione tra il personale (59,1% delle imprese rispondenti) e minor senso di appartenenza da parte di chi usufruisce di tale modalità di lavoro (33,7%).