L’imminente separazione di HP porta nuovi licenziamenti. In gioco vi sono circa 30 mila posizioni, per lo più ascrivibili alla componente enterprise.
L’imminente separazione di HP in due distinte società porta nuovi licenziamenti. In gioco vi sono circa 30 mila posizioni, per lo più ascrivibili alla componente enterprise.
Un taglio che dovrebbe essere l’ultimo di quanto previsto dal piano di riorganizzazione che l’azienda ha intrapreso negli utlimi anni. Il precedente annuncio aveva comportato un taglio di 55 mila posizioni. Complessivamente sono quindi 85 mila i posti di lavoro che salteranno una volta ultimata la scissione. La riduzione - secondo quanto affermato dalla società - consentirebbe un risparmio di 2,7 miliardi di dollari all’anno.
“E’ stato senza dubbio un percorso davvero accidentato, ha affermato
Meg Whitman, Ceo di HP. Ma queste ultime decisioni consentiranno di mettere la parola fine a ulteriori ristrutturazioni”.
Il taglio oggi annunciato equivale a circa il 10% della forza lavoro globale di HP, stimata oggi a 300 mila dipendenti.
“Le attività di ristrutturazione ci consentiranno di essere più competitivi e avere una struttura di costi più sostenibile, ha aggiunto Whitman. HP Enterprise sarà più piccola e focalizzata rispetto alle dimensioni attuali, con un portfolio di soluzioni orientate ad aiturare la transizione delle aziende verso un novo modello di business”.
La storica scissione avverrà entro la fine dell’anno: da una parte HP Enterprise con tutte le componenti e servizi dedicati al data center, dall’altra l’HP Inc. con i suoi PC e stampanti. Nell’ultimo anno fiscale la divisione stampanti e pc di ha messo a segno ricavi per 55,9 miliardi di dollari, contro i 55,6 miliardi di dollari conseguiti dalla divisione enterprise.
Al di la della specificità dell’operazione di HP, che traguarderà presto a nuova compagine societaria, e dello scontato ridimensionamento che avviene sempre in occasioni di ristrutturazioni così importanti, va da sé che il
nuovo modello di business cui fa riferimento Whitman, che per semplicità possiamo ricondurre al cloud computing, ma che in una sua accezione più generale è riferibile alla trasformazione digitale, obbliga gli incumbent dell’IT ad avere strutture più leggere.
L’affermazione dell’IT as service comporta una diversa valorizzazione del fatturato, i margini operativi non sono più quelli della prima informatizzazione, occorre, come si afferma con un po’ di retorica fare di più con meno. Non siamo tanto di fronte a una diminuzione della domanda informatica, ma alla nascita di un una nuova domanda che mette sotto pressione il modello di business di tutti gli operatori.
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