Uno studio IDC stima con precisione il valore economico dell'ecosistema Microsoft. Che ai partner dà un consiglio: per avere i risultati migliori puntate su cloud, modello SaaS e valorizzazione delle competenze.
Essere partner Microsoft è un vantaggio concreto? Sì, specialmente per chi ha seguito l'evoluzione tecnologica del mercato IT e sa proporre soluzioni e servizi che non solo si basano sul cloud ma vi aggiungono anche valore. Ad affermarlo sono i partner Microsoft stessi, coinvolti da IDC in una indagine sul valore economico dell’ecosistema Microsoft in Europa.
C'è un numero un po' ad effetto che sintetizza bene i risultati dell'indagine IDC: 6,7. È l'effetto moltiplicatore di Microsoft per i suoi partner: per ogni dollaro fatturato da Microsoft attraverso il canale, in Europa i partner generano mediamente 6,70 dollari. Ossia: per ogni dollaro di ricavi di vendita dei partner legato ad attività Microsoft, i clienti acquistano in media altri 6,70 dollari di servizi e prodotti del partner.
Spiegare il percorso che va da quel dollaro Microsoft ai 6,7 del partner europeo medio racconta una parte importante della storia recente del go-to-market dell'IT. "Rispetto al passato - spiega Fabio Santini, Direttore della Divisione Global Partner Solutions di Microsoft Italia - oggi c'è una grande consapevolezza del fatto che il business legato al cloud crea revenue ricorrenti. In più, ciò che si vende non solo si 'ripresenta' l'anno successivo: lo fa anche con un costo di vendita molto più basso. In momenti di crisi come questo che stiamo vivendo, è una dinamica che aiuta molto chi è sul mercato".
Il momento di crisi è, peraltro, relativo. Le grandi imprese continuano a investire in tecnologia perché è il modo più conveniente ed efficace per innovare e innovarsi. Le PMI sono più attente e conservative perché hanno meno margini economici di movimento. Ma, in generale, il tessuto imprenditoriale italiano sta tenendo molto meglio rispetto al passato. Non è tutto merito del cloud, ma la crescita del mercato (le stime IDC parlano di 13 miliardi di dollari entro il 2026, con un tasso di crescita annuo del 23%) indica che la "nuvola" in Italia oggi è un fattore importante in cui si investe anche quando lo scenario economico non è ottimale.
Microsoft però avverte: c'è cloud e cloud. Le componenti IaaS e PaaS contano e crescono, certamente, ma usarle bene richiede tempo, risorse, progettualità. Che non tutti hanno, o hanno in maniera adeguata. Il SaaS è più immediato, sia per gli utenti finali sia per i partner di canale che possono offrire proprie soluzioni come Software-as-a-Service. Tanto che, spiega Santini, tutti i software vendor, grandi e piccoli, stanno in vario modo andando verso il modello SaaS.
Lato utente finale, il SaaS presenta vantaggi evidenti. Il TCO totale di una soluzione SaaS è chiaro, mentre quello di una soluzione on-premise non altrettanto "e oggi la chiarezza dei costi è un elemento chiave", sottolinea Santini. Inoltre, passando in SaaS l'utente delega al fornitore la gestione di tutta una serie di elementi (sicurezza, SLA, innovazione continua...) che gestire direttamente è complicato.
Ma anche lato partner i vantaggi si fanno evidenti. È più facile e rapido arrivare sul mercato rispetto a proporre una soluzione tradizionale on-premise, ma soprattutto la convenienza economica è superiore. Vendere una soluzione SaaS, ricorda Santini, significa anche gestire un ambiente cloud per conto del cliente, il che permette di avere introiti maggiori - perché il cloud comunque va pagato - e, nel tempo, di migliorare i propri margini se si è - o si diventa - abbastanza bravi a ottimizzare i propri costi di gestione del cloud.
I risultati dell'indagine IDC confermano la dinamica: il citato effetto moltiplicatore medio del 6,7 per i partner Microsoft è, appunto, una media; a seconda di cosa fa un partner nello specifico, si può fare di meglio o di peggio. E chi fa di meglio è proprio chi ha un modello di business guidato dal software, che è sempre più in cloud: per ogni dollaro venduto in servizi e prodotti Microsoft ne ricava altri 7,86 in attività proprie. Va meno bene per chi ha un business model basato prevalentemente sui soli servizi (qui il moltplicatore è 5,75) o sulla rivendita (2,21).
I partner focalizzati sul software indicano anche di avere il margine lordo più elevato per le attivtà legate a Microsoft: il 32%, contro il 26% di chi fa soprattutto servizi e il 18% di chi fa rivendita. E indicano anche una previsione di crescita maggiore per il loro business legato a Microsoft: +43% nel 2022, contro il +15-16% delle due altre categorie.
In generale Microsoft vede in crescita i partner più "IP based", ossia che sviluppano proprietà intellettuale (IP) propria e la portano sul mercato sotto forma prevalentemente di software e di servizi gestiti. Anche se vendere managed service in Italia resta "più difficile che altrove - spiega Santini - perché la maggior parte delle medie imprese non ha abbastanza fiducia per esternalizzare una parte della gestione del business aziendale, mentre le grandi imprese sono abituate da anni a fare outsourcing".
Il trend che va verso la valorizzazione delle proprie IP è comunque evidente e sta coinvolgendo realtà anche ben diverse dagli ISV. "In quest'ottica - spiega Santini - stanno ad esempio ragionando i grandi gruppi di consulenza: hanno al loro interno notevoli IP che però non hanno mai portato sul mercato perché il modello di business del software è diverso dalla vendita di ore-uomo. È una strada anche per i system integrator".
Ed è una strada lungo la quale Microsoft si vede come il partner giusto. Lo prova in generale il fatto che i partner Microsoft sono ottimisti riguardo l'andamento del loro giro d'affari legato alla casa di Redmond: il 77% di quelli dell'Europa meridionale (Italia, Portogallo, Spagna) afferma ad esempio che questo business è cresciuto nel 2021, il 90% che è aumentato nel 2022.
Ma soprattutto lo prova la considerazione, derivata sempre dalle cifre dell'analisi IDC, che chi si lega più strettamente a Microsoft ne ha anche i maggiori ritorni. In sintesi, più il giro d'affari complessivo di un partner è fatto dal business legato a Microsoft, più questo cresce e porta profitti. Ad esempio, i partner che derivano il 75% o più del loro fatturato dal business Microsoft indicano che questo ha un margine lordo del 30% e ne prevedono una crescita del 28% nel 2022. Le percentuali scendono rispettivamente al 14% e 12% per i partner a cui Microsoft porta meno di un quarto del fatturato totale.
Come qualsiasi matrimonio, insomma, anche quello professionale con Microsoft funziona meglio se ci si impegna davvero. La casa di Redmond di suo ci mette i vantaggi delle varie iniziative a favore del canale, puntando ora sul Microsoft Cloud Partner Program e su una veloce crescita nel numero dei partner che vendono componenti Azure. In Italia al momento sono un migliaio, l'obiettivo ragionevole è arrivare a circa 6.000 entro il 2026. Sembra una previsione ottimistica ma è semplicemente dettata dall'andamento del mercato. In fondo, commenta Santini, "tutti i competitor di dieci anni fa oggi sono i migliori partner di Microsoft, il che rende l'idea di quanto sia cambiata l'azienda ma anche di quanto sia evoluto il mercato".