C’è ancora spazio per il software gestionale italiano? I fatti dimostrano che sì, anche nell’era della globalizzazione, è possibile sfidare i big vendor del software.
Nel campo del gestionale è sempre esistita la sfida tra vendor globali e vendor locali. Da una parte i brand internazionali, dall’altra il made In Italy. Semplificando, possiamo pensare al blocco enterprise caratterizzato dalla presenza di
Oracle e
Sap, due marchi attorno ai quali si è coagulato gran parte del mercato della grande impresa degli anni ottanta e novanta, vedi JDE e Peoplesoft, così come molte delle soluzioni satelliti di CRM e BI che sono andate a comporre conglomerati software di dimensioni più ampie. E ancora
Microsoft, che a differenza di Sap e Oracle, è andato nel tempo costruendo un'offerta con acquisizioni mirate nel mercato delle PMI, per poi perfezionare e ampliare progressivamente il portfolio in un ambito enterprise confrontandosi e sfidando le stesse Oracle e Sap.
Nel passato esisteva però un grande mercato locale, non presidiato dai global vendor e rivolto alle piccole e medie imprese e ai professionisti. Un made in Italy molto polverizzato, iperlocale, che aveva incontrato inizialmente un grande successo. Era l’età della prima informatizzazione che apriva opportunità inedite per un numero crescente di software house.
Il passaggio all’anno duemila e la globalizzazione poi, insieme alle criticità associate alle crisi economiche e finanziarie che si sono evidenziate nel corso di questi 14 anni del nuovo millennio, hanno di fatto stravolto lo scenario delle applicazioni gestionali, ridefinendo il posizionamento dei vendor, sia locali che globali. Una vera trasformazione che ha cancellato tanta parte dell’offerta, soprattutto quella micro, fatta di piccoli soggetti che operavano su verticali e iperlocale. I migliori sono stati acquisiti, i pesci grandi hanno mangiato i pesci piccoli, altri sono diventati partner dei big.
La critica che si era sempre mossa nei confronti dei global vendor, internazionali e multinazionali, era soprattutto legata a una loro scarsa flessibilità rispetto alle soluzioni locali. Molti avevano creato soluzioni in-house complesse, che nel tempo si sono rivelate difficili da manutenere ed evolvere, altri, soprattutto le micro e medie imprese si erano affidate alla software house del territorio.
L’italianità del gestionale è stata per lungo tempo competitiva nei confronti dei player internazionali. Non si deve poi dimenticare la specificità del gestionale italiano legato per lunghi anni all’esperienza delle
ACG di
Ibm e alle piattaforme S/3x prima e AS/400 poi, un mondo che è poi imploso e la cui eredità è stata nel tempo metabolizzata da
TeamSystem, uno dei gruppi italiani che ha saputo sostenere la sfida del gestionale con un modello di business del tutto originale e concorrente all’offerta delle multinazionali.
C’è ancora spazio per il gestionale italiano? I fatti dimostrano che sì, anche nell’era della globalizzazione, è possibile sfidare i big vendor del software, basta avere la volontà, la lungimiranza e l’intelligenza nel sapere cogliere le opportunità di mercato, andando a creare un’offerta coerente con le esigenze della PMI, non ancora pienamente soddisfatta dall’articolata offerta dei big.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con le notizie di
ChannelCity.it iscriviti alla nostra
Newsletter gratuita.