Sarà un conto particolarmente salato quello che l'emergenza coronavirus ci presenterà al termine della crisi.
Alcuni studi – per esempio quelli di Prometea – indicano che nel nostro paese a fi ne 2020 ci sarà una riduzione del Prodotto interno lordo del 6,5%, con un balzo del debito pubblico al 150% del Pil.
Gli studi, inoltre, evidenziano che, anche se a inizio maggio si dovesse ipotizzare una selettiva, ma lenta, rimozione dei blocchi produttivi, l’eff etto rimbalzo sarà solo graduale e lo si potrà avvertire a partire dall’autunno.
Se queste previsioni si avvereranno potremmo rivedere una ripresa del Prodotto interno lordo al +3,3% nel 2021 e al +1,2% nel 2022.
Dal punto di vista numerico, il 64% delle imprese italiane avrà a che fare con la serrata produttiva imposta dal governo, con percentuali più basse tra le società di capitali (58,9%), mentre l’Uffi cio parlamentare di bilancio indica che solo il 36% delle imprese potrebbe invece risentire in modo meno marcato del rallentamento della propria attività.
Dunque, numeri da economia di guerra.
In questo scenario bellico, un contributo positivo arriva dalla tecnologia, che agevola le interazioni e le attività, a partire dall’aff ermarsi in modo signifi cativo dello smart working.
Guardandoci intorno, tutti abbiamo amici e conoscenti, che, costretti a lavorare da casa per l’emergenza in corso, hanno improvvisamente scoperto le peculiarità dello smart working o lavoro agile.