Oggi si parla tanto di Industry 4.0 e IoT, sicuramente ambiti tecnologici del prossimo futuro ad alto potenziale innovativo, ancora sconosciuti al canale o comunque appena approcciati. Poi si torna con i piedi per terra quando si constata che nel ‘piccolo’, nel mondo dello studio professionale fa ancora la parte del leone un’immaturità di fondo nell’abbracciare l’IT, nel capirne i reali benefici.
Un segmento di mercato non proprio marginale quello ascrivibile ‘allo studio professionale’ costituito da commercialisti, avvocati, notai, consulenti del lavoro che, nel 2016 ha contabilizzato una spesa informatica globale pari a 1,14 miliardi di euro, in crescita del 2,5% rispetto al 2015 (dati dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano) e che nella stragrande maggioranza dei casi è un bacino di business ad appannaggio esclusivo del dealer IT.
I dati degli analisti del Politecnico sostengono anche che l’investimento annuo in IT è quantifi cabile a circa 8.700 euro per i commercialisti e per i consulenti del lavoro, mentre quasi si dimezza per gli studi legali (avvocati, notai) che spendono in media 4.600 euro. Le analisi soprattutto mostrano come ci sia ancora tanto da fare per ammodernizzare queste realtà che raccontano – per fare un esempio concreto - come le attività in cloud non vengano usate perché per il 7% dei casi non sa cosa sia, così come il 25% a oggi non mostra nessuno interesse verso questo tipo di applicazioni e/o tecnologie e il 32% non lo utilizza, anche se in qualche modo è interessato a verificarne...