Windows Server 2003 end of life. Da oggi nessun aggiornamento per il sistema operativo server nato dodici anni. Microsoft punta sul cloud e sull'ecosistema dei partner per favorire la migrazione a windows Server 2012 R2.
Come programmato e annunciato da tempo,
Microsoft, martedì 14 luglio, ha terminato il supporto a
Windows Server 2003 (leggi lo speciale dedicato all'upgrade verso Windows Server 2012 R2). Analogamente a quanto era accaduto lo scorso anno per Windows Xp, questo significa che non saranno più rilasciati aggiornamenti e patch, creando non pochi problemi di
sicurezza e
stabilità a chi vorrà continuare a lavorare con il vecchio sistema operativo.
Da tempo, Microsoft ha iniziato a preparare la propria clientela al passaggio storico, cercando di creare le premesse migliori per una
migrazione verso un ambiente più recente, come Windows Server 2012 o verso la propria piattaforma cloud
Azure.
Il cambiamento appare necessario, se pensiamo a com’è cambiata l’informatica degli ultimi dodici anni, con l’affermazione di fenomeni come la
mobility, lo stesso
cloud, gli
analytics o i
social network. Pur sapendo quanto lente siano mediamente le aziende italiane nell’accettare i mutamenti, almeno una parte dei loro
carichi di lavoro si è in qualche modo aggiornata, anche se le istanze attive su Windows Server 2003 risultavano ancora essere attorno ai 24 milioni meno di un anno fa.
Microsoft ha scelto di indicare percorsi di migrazioni il più possibile indolori: “
Le aziende dovrebbero
prendere spunto da questa scadenza per pensare alla loro innovazione – suggerisce
Andrea Cardillo,
direttore della divisione Cloud & Enterprise della filiale italiana -.
La strada migliore è compiere un’analisi dei carichi di lavoro presenti, per stabilire quali sono più o meno critici, quanto costa la loro gestione, cosa possa valere la pena spostare in cloud”.
Secondo il vendor, una buona parte dei “vecchi” workload è stato in qualche modo aggiornato, ma la solita sacca di resistenza è ancora presente. Per questi, in linea di massima appartenenti al mondo della piccola e media impresa, sono stati messi a disposizione percorsi agevolati di
migrazione: “
Noi abbiamo creato il sito ‘Digitali per crescere’
anche allo scopo di offrire strumenti utilizzabili da chi vuole procedere in proprio – spiega Cardillo –
ma sono i partner a svolgere il ruolo maggiormente proattivo. Molti di loro hanno sviluppato tool per la migrazione automatica, ma è sempre consigliabile affidarsi a una consulenza, per capire l’impatto di ogni mossa”.
D’altra parte, uno studio pubblicato di recente dalla rete professionale
It Spiceworks evidenzia tre ragioni che hanno fin qui rallentato gli aggiornamenti: mancanza di tempo, limiti di budget e problemi di compatibilità sulle applicazioni. Di fronte a questi fattori di freno, ma anche a una scadenza ormai arrivata, le strade per evitare una migrazione troppo drastica possono passare per il cloud o la
virtualizzazione.
Windows Server 2012 è stato presentato di Microsoft proprio come un
Cloud Os: “
Le aziende o i service provider possono scegliere nel tempo quali ambienti gestire on-premise e cosa portare nel cloud pubblico o privato. La suite System Center consente di gestire questi ambienti su Azure come se in realtà stessero ancora sui server delle aziende”, sottolinea Cardillo.
I processi di test o sviluppo potrebbero essere tra i primi a seguire la strada della virtualizzazione. Fra l’altro, Microsoft ha avviato un percorso di apertura verso tecnologie anche di altri vendor,
VMware in testa, proprio per rassicurare la propria clientela e guidarla anche verso ambienti aperti con la massima flessibilità. Anche in questi casi, il ruolo dei partner appare centrale, per studiare insieme a ogni interlocutore il percorso più adatto per innovare senza shock, ma seguendo processi ormai resi inevitabili non solo dalle scadenze, ma dall’evoluzione del mercato.
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