Sono passati ormai 40anni dal lancio degli S/36 e oltre venticinque dagli As/400. Nelle varie incarnazioni, i medi sistemi di Ibm mantengono una vitalità corroborata da riscontri economici.
I
System di
Ibm rappresentano l’ultima incarnazione di quei
medi sistemi lanciati quarant’anni fa con gli
S/36 e poi evoluti verso gli
As/400. Una parte di un parco installato molto consistente, in particolare in Italia, è stata nel tempo rimpiazzata da server
Unix,
Linux o
Windows, ma si parla ancora oggi di circa 16 macchine funzionanti nel mondo e diverse centinaia solo in Italia.
Alcuni studi recenti evidenziano che la longevità di queste macchine si deve associare ad alcuni vantaggi, a cominciare dai costi, se le comparazioni si eseguono tenendo conto di tutti gli elementi architetturali e della relativa manutenzione. Gli analisti di
Itg, per esempio, hanno stimato che, su un lasso di tempo di tre anni, il
Tco (costo totale di possesso) dei System i assomma a 480mila dollari, contro gli 860mila di un server Windows e 1,1 milioni di un modello Linux.
Indubbiamente, lavorare su uno schermo ancora in modalità carattere non equivale a un segno di modernità. Però, va detto che il suo utilizzo non è poi così frequente, poiché il sistema lavora con molte funzioni automatizzate e poi Ibm ha fornito nel tempo nuova modalità di interfacciamento con
Api (Rpg Open Access Api o Rest) che danno la possibilità di collegarsi ad
applicazioni Web o mobile.
Si è spesso detto che i System i sono sistemi proprietari e questo è indiscutibile, ma oggi è possibile far girare software
open source via
Apache, database
MySql o server
Node.js. La
sicurezza, poi, resta un punto di forza, poiché a tutt’oggi non risulta un caso documentato di malware che abbia colpito un modello Ibm di questa fascia.
Un sistema che funziona "da solo"
Secondo un’inchiesta realizzata dalla società
HelpSystems in questo inizio di 2015, la maggior parte delle imprese dotate di System i impiega meno di cinque macchine sulle quali girano mediamente meno di cinque partizioni (equivalenti a macchine virtuali). Le configurazioni sono state perlopiù aggiornate, poiché quasi il 60% dei sistemi funzionano con l’
ambiente operativo 7.1. Pochi fanno uso di Linux, anche se l’opzione è disponibile. Circa tre quarti dei System i sono
gestiti internamente, senza supporto esterno, ma un’impresa su tre non dedica nemmeno una risorsa specifica, segno che le macchine funzionano quasi da sole. Semmai, la metà del campione si mostra preoccupata per il futuro, visto che scarseggiano le competenze ad hoc.
Nove aziende su dieci non hanno alcuna intenzione di abbandonare l’ambiente Ibm i, mentre solo una minoranza sta guardando a un’evoluzione soprattutto verso Windows. Insomma, la continuità nel tempo di questi sistemi appare garantita e non è detto che Ibm non stia pensando a qualche evoluzione tecnologica, magari non nella direzione poco fortunata dei
PureSystems, ma in quella della continuità con un passato che non pare destinato a scomparire.
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