La strategia di mercato del campione dell’open source passa sempre di più dai Certified Cloud Service Provider, che oggi in Italia sono circa una quarantina, tra hyperscaler, provider locali e grandi system integrator
Da tempo, il cloud è sempre più presente anche nelle strategie dei partner. E Red Hat si fa cogliere tutt’altro che impreparata nell’assecondare e soprattutto favorire la transizione del canale verso il mondo cloud. “Quella dei Cloud Service Provider è una parte di canale che riteniamo ormai sempre più importante, anche perché ha uno spazio di crescita più ampio”, esordisce Thomas Giudici, MED Regional Ecosystem Leader di Red Hat, facendo notare che la tendenza è segnata, visto che “già oggi i clienti investono la stessa quantità di spesa per le infrastrutture cloud e per quelle on prem, mentre i dati di IDC ci dicono che entro il 2024 il 55% delle aziende utilizzerà servizi acquistati sui marketplace degli hyperscaler”.
È da queste constatazioni che nascono i crescenti investimenti di Red Hat nella formazione dei propri partner, con particolare attenzione verso i CCSP, i Certified Cloud Service Provider, dove sono ricompresi i provider internazionali, ovvero i classici hyperscaler mondiali come AWS, Azure, Google e IBM Cloud, e quelli locali, che Red Hat chiama Regional Cloud Service Provider.
Particolarità di Red Hat, spiega Morena Maci, Senior Partner Account Manager di Red Hat, è quella di “avere in azienda una persona dedicata per ogni hyperscaler, in modo da avere una focalizzazione importante e una gestione sempre puntuale. Quello con AWS è uno dei rapporti più storici, che data dal 2018: quando abbiamo deciso di offrire la prima versione di OpenShift specifica per il cloud, la piattaforma scelta è stata proprio quella di Amazon Web Services, formando una relazione che poi si è evoluta e consolidata, con un’offerta che si è ampliata ad altri prodotti come l’automazione di Ansible e le tecnologie middleware”.
Se con AWS, e anche con Microsoft, il rapporto è in corso da tempo, con Google Cloud la partnership è stata avviata alla fine della scorsa estate, ma questo non deve far pensare che ci siano particolari privilegi per chi è arrivato prima o alla stessa IBM, che come noto possiede Red Hat. “Per quanto ci riguarda, la scelta del cloud pubblico è sempre in capo al cliente”, sottolinea Morena Maci, evidenziando che “conta che venga scelta la tecnologia Red Hat, indipendentemente dalla piattaforma di appoggio, anche perché ciascun hyperscaler ha diverse peculiarità, e nell’era del cloud ibrido, ma soprattutto del multicloud, non sono pochi i clienti che scelgono di affidarsi a più di un hyperscaler a seconda dei diversi carichi di lavoro”.
Le iniziative con i diversi hyperscaler sono state illustrate in dettaglio da Alessandro Pittore, Senior Partner Account Manager di Red Hat. Per esempio, servizi completamente gestiti come Red Hat OpenShift Service su AWS e Microsoft Azure Red Hat OpenShift possono essere acquistati direttamente attraverso la console del provider con il vantaggio di avere supporto sia da Red Hat sia dal cloud partner. Questo si traduce in una esperienza di acquisto migliorata che accelera l’approvvigionamento, lo sviluppo e l’implementazione di applicazioni nel cloud pubblico, godendo al contempo del vantaggio, offerto dall’open source, di riunire sistemi eterogenei in un’unica cloud footprint ibrida. Ancora, grazie all’accordo della scorsa estate, Red Hat e Google Cloud mettono a disposizione gli strumenti e le tecnologie necessarie per creare e gestire ambienti ibridi e multicloud in modo più efficace ed efficiente, grazie a configurazioni open source flessibili e sicure, infrastruttura di rete globale e analisi avanzata dei dati.
Infine, l’altro grande capitolo dei Certified CSP è quello dei Regional Cloud Service Provider, che vede la presenza di realtà molto variegate, in grado spesso di offrire servizi su misura. “Si tratta di provider italiani che hanno deciso di investire su di noi utilizzando Red Hat come piattaforma di riferimento per abilitare il cloud dei propri clienti, e hanno una copertura territoriale di riferimento capillare e rapporti stretti con i clienti”, racconta Thomas Giudici.
Rientrano nella categoria dei Regional Cloud Service Provider nomi di rilievo come Aruba Enterprise, oppure operatori telco come Fastweb e Tim, senza dimenticare un player specializzato come Cineca, che è molto presente nell’area università e ricerca. Attualmente Red Hat può contare in Italia su circa una quarantina di CCSP, che oltre agli hyperscaler e ai provider regionali vede anche la presenza dei global system integrator come per esempio Accenture o Capgemini.