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Le iniziative di sostenibilità si estendono a tutta la filiera

Non basta più l’impegno del solo vendor IT: ora gli obblighi di sostenibilità coinvolgono sempre di più il Canale e tutta la supply chain. Gli esempi di Epson, HP, HPE, Lenovo, Schneider e Vertiv.

Mercato
Passata la prima ondata di interesse verso la sostenibilità, in cui le aziende hanno troppo spesso lasciato spazio a iniziative generiche a rischio di greenwashing, ora è tempo di fatti concreti. L’accelerazione è guidata soprattutto a livello istituzionale: la pubblicazione del Green Deal della Comunità Europea con la definizione dei criteri Esg (Environment, Sustainability and Governance) fino alla forte promozione della finanza sostenibile, tutto contribuisce a trasformare la sostenibilità da effimero concetto di marketing a concreto discriminante del business aziendale. Oggi, è ampiamente dimostrato che non essere in grado di costruire e comunicare al mercato la propria sostenibilità, può avere ripercussioni dirette sul fatturato e sulla crescita aziendale, oltreché sulla reputazione. Indirizzare il mercato verso gli investimenti in finanza sostenibile, infatti, determinerà una classificazione tra “buoni” e “cattivi”, in cui le “aziende cattive” registrerebbero una mancanza di fiducia da parte dei potenziali azionisti e da entità interessate a una acquisizione o a un investimento. Un’altra conseguenza potrebbe riguardare il rischio di non attrarre risorse professionali, poiché le nuove generazioni di lavoratori sono particolarmente sensibili all’argomento, ma le aziende potrebbero anche ottenere una ripercussione positiva sui costi operativi. Insomma, è ampiamente dimostrato dai (nuovi) modelli di calcolo del Serm (Sustainable Enterprise Risk Management) che alla lunga fornitori e processi sostenibili, se non fruttano, almeno convengono. Dopo l’introduzione nel 2016 dell’obbligo della rendicontazione non finanziaria, seppure senza vincoli oggettivi o modelli di riferimento, ora si procede con una certa lentezza verso una standardizzazione di metodologie di calcolo dei parametri Esg e della reportistica. Nel mentre, l’indicazione è di prepararsi a soddisfare i parametri, tutti indistintamente, indipendentemente dal mercato di riferimento e dalla dimensione societaria.
E c’è di più: la necessità di un veloce adeguamento del business aziendale a un modello sostenibile, diventa un’opportunità per molti partner e società di consulenza specializzate. A loro può essere demandato l’incarico di costruire la sostenibilità dell’azienda cliente.
flusso di iniziative (1)

I nuovi significati della sostenibilità

Se, poi, sostenibilità è stato un concetto che inizialmente si accompagnava solo ad “ambientale”, oggi ha assunto un significato molto più ampio. Un’azienda può essere sostenibile nei confronti del contesto sociale in cui è inserita, o nei confronti dei dipendenti, dei partner e dei fornitori, più generalmente di quelli che indichiamo come stakeholder. Assumono uguale, se non maggiore, importanza di un packaging eco, dunque, iniziative specifiche rivolte a tutta la filiera, partner e fornitori compresi e una forte attenzione alla diversità e all’inclusività, concetti ormai raggruppabili sotto l’unico cappello “sostenibilità”. La tendenza da parte dei vendor a imporre, o quantomeno consigliare, partner e fornitori a essere (più) sostenibili, può anche sortire un ulteriore effetto. Gli stessi, infatti, potranno mettere sul tavolo la propria identità sostenibile e sfruttarla come valore aggiunto e distintivo, sia per accreditarsi nei confronti dei vendor che delle aziende clienti. Una delle aziende che, fin da subito, ha voluto coinvolgere fortemente la propria filiera nelle sue iniziative per la sostenibilità è certamente Epson, con il suo Environmental Vision 2050, piano di investimenti da circa 771 milioni di euro. L’obiettivo di Epson è chiaro: “durante l’intero ciclo di vita, i prodotti Epson sono progettati per avere il minor impatto possibile grazie a tre pilastri: sviluppo e progettazione, metodi di produzione sostenibili e riutilizzo/riciclaggio”. E così, insieme alle iniziative che coinvolgono la tecnologia di prodotto, la produzione e il packaging, Epson ha lanciato il proprio Codice di Condotta dei Fornitori. Si tratta di memorandum rivolto a partner e fornitori che stimoli l’impegno a mantenere elevati standard sociali, ecologici ed etici lungo tutta la catena di distribuzione, basato sul Codice di Condotta della Rba (Responsible Business Alliance). Rba è una organizzazione no-profit nata nel 2004, a cui aderisce un folto gruppo di aziende di elettronica, vendita al dettaglio, automobili e giocattoli impegnate a sostenere i diritti e il benessere dei lavoratori e delle comunità in tutto il mondo coinvolte nella supply chain. Per valutare la conformità al Codice e per stabilire o mantenere relazioni commerciali, a tutti i fornitori – potenziali ed esistenti (sia diretti che indiretti, come le aziende di logistica, costruzione e personale) – viene sottoposto ogni anno un questionario di autovalutazione in materia di tutela dell’ambiente, salute e sicurezza sul lavoro, diritti umani e pratiche commerciali corrette. Epson spinge per un impegno simile anche da parte dei partner di canale, seppure non in modalità così mandatoria. Successivamente, i fornitori vengono validati da un’organizzazione indipendente basata sul Validated Assessment Program (Vap) dell’Rba o revisionati da auditor Epson formati. Negli ultimi anni, le valutazioni di sostenibilità dei fornitori Epson sono migliorate costantemente: dal 2019 nessuno di quelli sottoposti ad audit è stato classificato come critico.

Dal trasporto al riuso: la sostenibilità nella supply chain

Dal 2017, HPE ha all’attivo un’iniziativa specificamente dedicata alla sostenibilità ambientale della supply chain. Il programma richiede che, entro il 2025, l’80% dei fornitori raggiunga l’obiettivo di una riduzione di 100 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra. Al tempo, l’iniziativa ha fatto diventare HPE la prima azienda a porsi un obiettivo di sostenibilità aziendale espressamente per la supply chain. Anche HP si è mossa con iniziative specifiche rivolte a partner e fornitori. È evidente che chi produce hardware, come HP ed Epson, punti soprattutto a rendere la produzione sostenibile. Per esempio, convertendo le fonti energetiche delle sue fabbriche di proprietà in alternative e pretendendo lo stesso adeguamento della produzione al suo indotto. Altre azioni coinvolgono un packaging più eco e modalità di trasporto sostenibili, il riciclo secondo i dettami dell’economia circolare, la gestione (e il riutilizzo) degli scarti industriali e lo smaltimento dell’usato. A questo proposito, da segnalare la disponibilità di nuovi programmi dedicati ai rivenditori varati da alcuni distributori come Ingram Micro. Da buon fornitore di hardware impegnato sia nel mercato consumer che business, Lenovo lavora su entrambi i fronti. Ma è soprattutto è nel contesto data center che l’azienda cinese sta concentrando le proprie iniziative di sostenibilità. In particolare, gli obiettivi di Lenovo sono: ridurre l’impatto dei dati sulle risorse hardware, creare un ciclo di vita circolare per il prodotto, scegliere obiettivi ambiziosi, misurare e monitorare i (suoi) progressi e ottimizzare la catena di fornitura. L’economia circolare in Lenovo secondo la mission “Design-Use-Return” sfrutta il servizio Lenovo Asset Recovery Service che punta al “ripristino responsabile” delle risorse e lo smaltimento dei dati. Dunque, l’impegno principale riguarda la produzione e gli imballaggi, per tutte le linee di prodotto, ma anche la supply chain. Lenovo, dunque, sceglie come mezzi di trasporto l’utilizzo i treni al posto degli aerei e intende ridurre la distanza percorsa dai prodotti. Distribuendo la produzione in strutture locali, per esempio nella nuova fab di Budapest, si può ridurre il percorso verso il cliente e, quindi, il consumo di carburante. Così la sostenibilità può essere un ulteriore valido motivo per riportare parte della produzione in Europa, o in Usa per quanto riguarda le aziende americane.

Le strategie per la sostenibilità dei fornitori di energia

In generale, tutte le iniziative dei vendor di tecnologia rivolte ai partner di canale si muovono secondo direzioni comuni. In primo luogo, l’intenzione è di rendere la sostenibilità un plus di vendita. Ovvero, dare dimostrazione effettiva ai clienti, attraverso documentazione e best practice, che la scelta di un partner che persegue un’ottica sostenibile è giustificabile soprattutto in termini di business. Per aiutare il partner nel percorso verso una maggiore sostenibilità, inoltre, molti vendor mettono a disposizione un servizio consulenziale e di formazione che a volte si trasforma in un vero e proprio programma dedicato con premi, incentivi e certificazioni annuali. Come detto, i fornitori di hardware puntano su iniziative che impattano direttamente su produzione e supply chain, come in qualsiasi comparto del manufacturing. Inoltre, la sostenibilità del data center, ambito particolarmente caldo in cui si muovono i fornitori di hardware, passa per la sostenibilità dell’hardware in gioco, primo fra tutti quello deputato alla gestione dell’energia. In questo contesto, la sostenibilità del singolo prodotto si ottiene con la revisione del processo di produzione, del vendor e dei suoi fornitori, in ottica eco che diventa la motivazione principale di vendita. Il messaggio è, dunque: il data center è sostenibile se l’hardware del fornitore – dai gruppi di continuità ai sistemi refrigeranti, fino ai server e le singole componenti – lo è. Vertiv, leader nella fornitura di soluzioni per la gestione dell’alimentazione e del condizionamento delle infrastrutture nei data center, lavora dunque sulle performance dell’offerta per soddisfare gli obiettivi di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni di CO2 dei propri clienti. A questo impegno, si aggiunge un servizio di consulenza sviluppato con un modello espressamente orientato a ridurre i consumi di acqua e di energia nel data center. Un modello che, secondo l’azienda, può portare fino al 60% di riduzione dei consumi energetici. In particolare, è di poco tempo fa l’annuncio di una partnership strategica con il Research Institutes of Sweden per lo sviluppo di un sistema di riutilizzo del calore generato dal data center o, quantomeno, l’utilizzo di fonti alternative. Schneider, riferimento assoluto nella distribuzione elettrica, ha totalmente rivisto la propria missione aziendale in ottica green, riscuotendo numerosi riconoscimenti come azienda più sostenibile del mondo. Anche il lavoro di Schneider si concentra sulla propria produzione, con l’obiettivo di raggiungere 6 obiettivi a lungo termine, e sulla sostenibilità sociale. Nel manifesto di Schneider si parla di ridurre l’impatto climatico della propria produzione, di utilizzare risorse tecnologiche efficienti, di lavorare sull’etica del lavoro, sulla diversità e sulla sensibilizzazione delle nuove generazioni e sulla promozione di iniziative locali di sostenibilità. Gli impegni contenuti nel Schneider Sustanability Impact 2021-2025 sono in totale 11, a cui ne sono stati aggiunti altri 3 specifici per l’Italia. In particolare, nel nostro Paese l’azienda prevede iniziative di volontariato sociale, per lo sviluppo delle competenze e a supporto della biodiversità locale. Recentemente sono stati resi pubblici i risultati ottenuti dopo un anno dal lancio dell’iniziativa. Anche in questo caso, l’accento è su ciò che hanno ottenuto i clienti in termini di riduzione delle emissioni di CO2 e sulla collaborazione (The Zero Carbon Project) con un migliaio di fornitori per raggiungere lo stesso obiettivo lungo la supply chain.
I principali fornitori di infrastrutture elettriche per i data center, in definitiva, innovano la produzione e selezionano i fornitori più eco e più etici. Inoltre, si impegnano a estendere le loro iniziative al contesto ambientale e sociale che le circonda. Tutto ciò è comprensibile, visto che il maggior impatto ambientale di questo comparto, come di tutto il manufacturing, si manifesta in fase di produzione.






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