Intervista a Phil Sorgen, Corporate Vice President, Worldwide Partner Group, Microsoft, che fa il punto sulla strategia cloud di Microsoft e descrive quali sono i benefici per i partner di canale.
Il
cloud è il principale driver di trasformazione del mercato. I big player hanno da tempo investito risorse, sviluppando nel tempo un articolato sistemi di offering. Per
Microsoft la sfida è riuscire a far sì che il proprio ecosistema di partner possa intraprendere un percorso di crescita facendo leva sulle potenzialità dell’IT as service. Ma perché tutto possa avverarsi è necessario aver il coraggio di cambiare e individuare nuovi modelli di business.
ChannelCity ne ha parlato con
Phil Sorgen, Corporate Vice President, Worldwide Partner Group, Microsoft ovvero
il responsabile della strategia di canale a livello mondiale della società di Redmond.In quale modo l’ecosistema di partner sta rispondendo agli sviluppi e disponibilità di offerta in cloud realizzata e consolidata progressivamente nel tempo da Microsoft?
Difficile rispondere in modo generalizzato. L’ecosistema dei partner non può essere rappresentato in modo univoco in quanto contiene una pluralità di operatori che esprimono un insieme di modelli di business eterogeneo. Solution & System Integrator, IP solution provider, reseller, service provider…. Ciascun elemento deve essere considerato singolarmente poiché è grande la diversità di ciascuno di essi. Siamo comunque soddisfatti di quello che sta succedendo e della risposta e reazione che il mercato ha manifestato nei confronti della nostra offerta.
Con questo si può dire che abbiamo terminato il nostro lavoro? Assolutamente no, c’è ancora molto da fare poiché il cloud rappresenta un percorso di trasformazione che non si esaurirà nel breve termine. Lo stadio di sviluppo della dimensione cloud di ciascun partner varia da operatore a operatore. C’è chi si è già fatto un’idea molto precisa riguardo al modello di business, sa quale valore può portare e sa come implementare il modello, tanto è vero che per alcuni il cloud rappresenta già il 50% del business. Altri sono nati nel cloud e per essi rappresenta il 100% del volume d’affari. Altri hanno iniziato a compiere i primi passi e hanno in cloud una quota molto piccola delle loro attività. Poi vi è ancora chi afferma di non avere alcuna necessità del cloud così come c’è chi non ha ancora realmente compreso quale sia il valore e la potenzialità del nuovo modello.
Il cloud è per voi un’opportunità per allargare il numero di partner e creare competenze sulle quali una parte dell’ecosistema non dimostra ancora grande entusiasmo?
Non abbiamo fatto nessuna previsione in merito alla possibile futura dimensione del mercato: sarà uguale, superiore o inferiore all’attuale? La questione posta in questi termini è per noi irrilevante. Importante è invece riuscire a definire un sistema ben articolato di partner coerente con i nostri sviluppi improntati alla strategia mobile & cloud first. Dobbiamo far sì che ciascun operatore trovi in noi tutto l’aiuto necessario per portare in cloud, nel migliore dei modi, le varie soluzioni che si vanno declinando nel nuovo paradigma dell’IT as a service. Un ambito di mercato molto importante è quello dei managed services, attività che traslata in cloud offre al partner opportunità senza uguali rispetto al passato. Va inoltre fatta una importante riflessione: cloud non significa cambiare tutto perché tutto rimanga come prima, ma si deve aver il coraggio di guardare al cloud esplorando nuove prospettive di business.
Spesso si afferma che con il cloud non si faranno mai più gli stessi soldi, insomma, si guadagnerà di meno…
Assolutamente no. Il cloud racchiude grandi opportunità. Si può essere profittevoli quanto prima o si può anche pensare di trovare nuova e maggiore profittabilità. Questo non vuol dire che il profitto arriverà nello stesso modo di prima. Fino a una decina d’anni fa esistevano essenzialmente quattro modi per fare soldi: essere un reseller (si comprava software e hardware a un certo prezzo e lo si rivendeva a un prezzo maggiore e la differenza era il margine); essere un system integrator (modello dove i ricavi erano sostanzialmente legati al costo delle risorse); offrire servizi gestiti, implementando proprie piattaforme di gestione; essere un’application service provider (un modello che richiedeva un investimento in infrastruttura e che al tempo stesso non garantiva sufficienti margini incrementali in quanto il costo di infrastruttura tendeva a ridurlo). Ora il cloud ha portato cambiamenti significativi. Non esistono più barriere così nette tra una e l’atra attività, tutto tende a diventare molto più fluido e i modelli tendono a essere ibridi. Nel passato ci si specializzava in una modalità operativa, oggi quelle quattro dimensioni dell’ecosistema tendono a incrociarsi. Un esempio per tutti: chi lavorava a un progetto sviluppando una propria applicazione, non aveva né i mezzi né le capacità di far diventare quella applicazione una opportunità per ampliare la propria attività rendendola disponibile ad altri clienti. Mancavano i presupposti perché ciò potesse avvenire.
Con il cloud, con Azure, tutto questo può diventare realtà. Per alcuni è già diventato realtà: esiste un’infrastruttura che permette di pacchettizzare l’applicazione, esiste un modello di licencing, esiste la possibilità di gestire gli update e di fare leva sulla rete e sui meccanismi di valorizzazione dell’offerta intrinseci a questo modello per distribuirla e promuovere.
Marketplace, digital marketing, il cloud è associato a tutta una serie di componenti che consentono al singolo operatore di compiere un vero e proprio salto in una nuova e più appagante modalità di business.
La vera novità del cloud è la relazione che si viene a creare con il cliente. E nel cloud di Azure l’offerta po’ essere consolidata e valorizzata dalle risorse Microsoft, in ambito CRM, Office, ovvero piena integrazione con gli ambienti fondamentali del business aziendale.
La penetrazione del cloud varia da paese a paese da area geografica ad area geografica?
L’adozione del cloud è trasversale ai più diversi mercati e aree geografiche. Non è vero che siano solo i mercati emergenti, quelli dove gli investimenti sono meno condizionati da investimenti pregressi. Paesi con la più alta penetrazione del cloud sono gli Stati Uniti e la Gran Bretagna così come paesi del Nord Europa.
Complessivamente la crescita è forte. Il nostro business è cresciuto di anno in anno del 100%. Facciamo in modo che i nostri partner possano sviluppare la soluzione dove vogliono e declinata nelle diverse forme, pubblica, privata o ibrida. E’ importante che tutti i partner inizino a compiere i primi passi nel cloud contribuendo così a creare nuove prospettive di business, altrimenti si corre il rischio di entrare in gioco quando ormai è troppo tardi.
Come vi ponete di fronte alla eterogeneità tecnologica che contraddistingue la nuova fase che sta attraversando l’IT?
Nel cloud esiste una questione che riteniamo molto importante e che costituisce la premessa affinché i nostri partner e clienti possano avere successo: la consapevolezza dell’eterogeneità del mercato. Ciò significa creare condizioni favorevoli all’utilizzo della piattaforma Azure non solo per misurarsi in contesti applicativi Microsoft o in tecnologia pure Microsoft.
Vanno in questa direzione il supporto ad altri sistemi operativi mobile, come iOS e Android, la disponibilità multi-device di Office 365, così come l’integrazione di quest’ultimo con soluzioni molto diffuse come Salesforce. La stessa partnership con DropBox va in questa direzione e stessa valenza è oggi espressa dalla disponibilità su Azure di risorse enterprise di altri vendor, come Oracle e Sap. Questo non vuol dire non essere più in competizione con queste aziende, ma saper comprendere che il nostro successo dipende dalla capacità di erogare in cloud risorse e servizi sulle quali sviluppare nuovo business per Microsoft.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con le notizie di
ChannelCity.it iscriviti alla nostra
Newsletter gratuita.