Nel 2016 il comparto italiano è cresciuto dell’1,8% raggiungendo i 66.100 milioni di euro. Per il 2017, le proiezioni lasciano intravedere un ulteriore miglioramento al più 2,3% (3,8% al netto dei servizi di rete). Il tutto sull’effetto della spinta delle componenti più legate all’innovazione.
Secondo i dati rilasciati il 9 marzo 2017 da Assinform, nel 2016 il mercato digitale italiano (informatica, telecomunicazioni e contenuti) è cresciuto dell’1,8% raggiungendo i 66.100 milioni di euro.Rispetto alle previsioni
si è avuto un miglioramento di mezzo punto che ha rafforzato la tendenza iniziata nel 2015 (+1%) ribaltando il trend discendente degli anni precedenti. Se si scorpora dal mercato la componente dei servizi di rete di telecomunicazione, il confronto diventa ancora più incoraggiante con una crescita del 3,4%, contro il 3% dello scorso anno.
Guardando poi al 2017, le proiezioni lasciano intravedere un ulteriore miglioramento: attorno al 2,3% (3,8% al netto dei servizi di rete) sull’effetto della spinta delle componenti più legate all’innovazione.Queste le principali evidenze del mercato ICT in Italia secondo
le ultime rilevazioni di Assinform – l’Associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende del settore – condotte in collaborazione con NetConsulting Cube.
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I progressi rilevati vanno oltre i timidi segnali di un anno fa, confermando in modo netto la ripresa degli investimenti nell’innovazione tecnologica nel nostro Paese. Gli stessi programmi di Governo vedono Il digitale al centro dell’unica strategia possibile per il rilancio del nostro Paese", introduce Agostino Santoni, Presidente di Assinform.
"Quella centrata sul recupero di competitività attraverso l’ammodernamento dei processi produttivi, l’automazione e la semplificazione dell’attività amministrativa, la valorizzazione del tessuto produttivo in chiave di industria 4.0. Certo, servirebbe ancora più spinta, soprattutto sul fronte della domanda sempre più esposta ai confronti internazionali, ma i segnali sono buoni. Le componenti più innovative - dal Cloud all’IoT, dai servizi mobili alle applicazioni che integrano le filiere - crescono più delle altre e hanno raggiunto una massa critica che genera nuove sinergie", continua Santoni.
Crescono contenuti e pubblicità digitale (+7,2%), servizi ICT (+2,5%, spinti dal Cloud) e ancora di più il software e le soluzioni (+4,8%, grazie anche all’IoT). E se si attraversano i diversi comparti per pesare le dinamiche delle componenti più innovative (digital enabler) si nota come il Cloud cresca a tassi del 23%, l’IoT del 14,3%, il mobile business del 13,1%, le soluzioni per la sicurezza dell’11,1%.
Altre dinamiche ancora concorrono a segnalare un’accresciuta sensibilità al digitale in chiave di investimento.
La prima, rilevata da Istat, è quella riguardante le risorse umane impegnate sul fronte dell’innovazione digitale: la percentuale degli occupati nelle professioni ICT (presso le aziende ICT e le aziende utilizzatrici di tutti i settori) sul totale degli occupati è rimasta costante, attorno al 3,2%, ma è cresciuta di 6 punti percentuali nel segmento delle funzioni direttive e tecniche a più alta qualificazione, sfiorando il 30% già nel 2015.
Le startup innovative a fine 2016 sono risultate 6.745, in crescita del 31% (+112% sul 2014).
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Sono dinamiche che non riguardano solo gli sviluppi all’interno del comparto ICT, ma un ampio ricorso ai modelli digitali nei più diversi settori d’utenza, in cui e componenti più innovative, dette digital enabler
giocano un ruolo chiave perché permettono di fare cose nuove e di creare nuovi mercati. – ha aggiunto Santoni –
L’IoT trasforma gli oggetti più comuni in componenti di sistemi in rete con nuove funzionalità di servizio e controllo, permettendo di innovare prodotti e servizi. La combinazione del Cloud con altre piattaforme collaborative IoT, Big Data e Cognitive computing consente di innovare intere filiere in chiave industria 4.0 e di fare evolvere le relazioni con i clienti e i fornitori. E questo mentre già i servizi di Data Center e del Cloud Computing offrono la fruibilità delle funzioni ICT senza immobilizzazioni, abbattendo la soglia d’accesso alle applicazioni e ai servizi infrastrutturali digitali più evoluti anche per le piccole e medie imprese”.
Anche su altri fronti si registrano progressi. Non così sostenuti come atteso, ma pur sempre importanti, nel caso della banda larga fissa (15,4 milioni di utenti a settembre 2016, +4,0%, e della Strategia Digitale nazionale. A quest’ultimo riguardo molto resta ancora da fare per accelerare sulla diffusione di SpID (con servizi in crescita, ma a fronte di solo 1,2 milioni di identità digitali rilasciate) e dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (Anpr), mentre il sistema PagoPA progredisce (15.291 PA aderenti e 10.758 attive) e la Fatturazione Elettronica per la PA è oramai generalizzata ed è una best practice europea.Un cantiere ancora in divenire, seppur promettente, è il programma Industria 4.0, che pur avviato chiede ancora di sciogliere le incertezze sull’ammissione ai benefici fiscali di non poche componenti ICT
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“Il presupposto della loro stretta connessione al rinnovo dei macchinari non deve tradursi in interpretazioni troppo restrittive da parte dell’Amministrazione Finanziaria. – ha affermato Santoni –
E’ un aspetto che va risolto al più presto, per tenere conto delle più recenti evoluzioni applicative, per non intaccare una rinnovata propensione all’investimento in innovazione, per affermare misure di stimolo e agevolazione che lascino margini all’imprenditorialità e al coinvolgimento di tutti i soggetti interessati. Sciogliere le residue incertezze è anche l’unico modo per far sì che l’iniziativa coinvolga le tante imprese di minori dimensioni che ancora stentano ad innovare, e fare in modo che esse, con tutto il loro peso occupazionale e produttivo, continuino a far parte o entrino in filiere sempre più efficienti e competitive.”“Non va poi dimenticata la capacità di formare e riconvertire le risorse umane alle nuove professioni. – ha concluso il presidente di Assinform
– Essa va incrementata, perché il superamento dello skill gap di cui oggi soffriamo in ambito digitale è un fattore indispensabile per rimuovere uno dei principali freni al cambiamento e creare nuove opportunità di lavoro per i giovani”.
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