Raccogliere, elaborare e analizzare i dati all’Edge sono operazioni che le aziende considerano ormai sempre più vitali, ma che nella maggior parte dei casi vengono sfruttate solo per migliorare l’efficienza e ridurre i costi operativi. A rilevarlo è una recente indagine promossa da HPE Aruba a livello globale e condotta da Vanson Bourne su circa 2.400 It decision maker, di cui un centinaio italiani. In generale,
sul mercato manca quindi ancora la capacità di cogliere il vero vantaggio competitivo di queste tecnologie, che possono impattare in modo anche molto significativo sui risultati di business delle organizzazioni.
“Le aziende avvertono l’urgenza di disporre di sistemi integrati capaci di gestire in real time tutti i dati generati in prossimità dell’Edge, ma in questi sistemi tendono a vedere solo soluzioni utili alla riduzione dei costi. Eppure, le loro vere potenzialità sono altre. Per sfruttarle, occorre però iniziare a pensare a questi sistemi non tanto come ‘aspirine’ capaci di curare gli sprechi, ma come vitamine in grado di energizzare il business” afferma
Fabio Tognon, Country Manager di HPE Aruba Italia, che incita a un radicale cambio di mentalità.
La possibilità di gestire un’enorme quantità di dati con tempi di latenza ridotti al minimo consente infatti, alle aziende di generare insight molto più approfonditi, aiutandole a creare in modo più veloce nuovi prodotti, servizi e flussi di ricavi che aumentano la loro competitività sul mercato. Verrebbe così a risolversi uno dei principali problemi emersi nel corso dell’indagine: ossia l’incapacità di un intervistato su tre di elaborare i dati in modo sufficientemente veloce da poter agire di conseguenza.
“Sul mercato si avverte l’esigenza di gestire velocemente la mole di dati disponibili, ma la velocità della loro gestione necessita innanzitutto di un obiettivo chiaro” spiega Tognon, precisando che in base ai risultati dell’indagine
il 72% delle aziende sta già utilizzando tecnologie Edge. Si tratta, però, di un dato assolutamente generico, che raccoglie varie declinazioni implementative, spesso limitate al solo deployment di una rete pervasiva, senza nessun tipo di gestione integrata.
Fabio Tognon, Country Manager di HPE Aruba ItaliaI settori con un occhio attento alle opportunità dell'EdgeI settori chiave che stanno già ampiamente sfruttando l’Edge per migliorare sicurezza, monitoraggio, customer insight e user experience sono soprattutto il
Retail, la Sanità, l’Industria, la Scuola e l’Hospitality. In quest’ultimo settore, attualmente in fase poco favorevole a causa della situazione pandemica, il 49% degli intervistati ha implementato queste tecnologie soprattutto per abilitare
sistemi contactless, mentre il 45% le sta utilizzando per aumentare la
guest experience. In ambito Education, gli use case più frequenti sono orientati, invece, nel 49% dei casi ad
aumentare la sicurezza dei campus e nel 45% ad
accelerare una didattica sempre più personalizzata. Nel Retail il 51% dei decisori IT usa le tecnologie Edge per
tracciare i prodotti, mentre il 50% le impiega per
migliorare l’esperienza d’acquisto online e
variare i prezzi in modo dinamico. Nella Sanità gli use più frequenti sono legati, invece, alla
disponibilità continua dei dati dei pazienti ovunque siano curati, all’
automated patient monitoring e all’
asset tracking all’interno degli ospedali. Infine, in ambito Industrial il 47% dei decisoti IT usa le tecnologie Edge per
collegare siti remoti,
garantire accessi sicuri a macchinari e dipendenti, ed
effettuare una manutenzione predittiva degli asset.
L'ostacolo delle di competenze “A livello geografico è l’India il Paese che sta più investendo in queste tecnologie, ma l’Italia si difende con un quarto posto, raggiunto sull’onda dei progetti di digitalizzazione delle fabbriche avviati a causa dal COVID-19” precisa Tognon, ricordando che sul mercato persistono purtroppo alcuni
ostacoli da superare: primo fra tutti quello delle competenze. Addirittura
il 92% degli intervistati ha affermato di non disporre degli skill necessari per sbloccare il valore dei dati. Il 41% ha, invece, indicato come maggior ostacolo i costi di implementazione, mentre il 33% ha citato preoccupazioni in merito alla sicurezza. “
Quello delle competenze è un problema urgente, avvertito da quasi tutti i decisori IT. Si tratta di competenze non solo tecnologiche, ma legate anche alla capacità di capire gli obiettivi di business. Sul mercato servono, quindi, skill ibridi” precisa Tognon, che alle aziende raccomanda soprattutto di
iniziare con piccoli pilot. Al mondo industriale consiglia, poi, una
stretta collaborazione tra le risorse IT che governano le reti informatiche e i responsabili OT che gestiscono la produzione vera e propria: un scenario che offre grandi opportunità anche al canale degli operatori, chiamati a sviluppare competenze in un nuovo ambito operativo o a trovare importanti partnership in un segmento contiguo al loro business tradizionale.