Trasparenza e fiducia non necessariamente vanno di pari passo. La prima può essere unidirezionale, anche se ritengo dovrebbe essere un’interazione bidirezionale basata su apertura e collaborazione. Un’interazione che stimola una maggiore fiducia. In
Red Hat (azienda comprata da IBM) siamo una società pienamente open source il che significa che il nostro software viene sviluppato in comunità aperte a cui chiunque può accedere. Ma non è solo la trasparenza (la possibilità di vedere il codice) che conta. Ma lo stile collaborativo di lavorare per migliorare quel codice - tra industrie, paesi e organizzazioni – che rende il nostro processo unico. Non solo mostriamo alle persone ciò che facciamo, collaboriamo con loro per farlo.
Essere collaborativi in modo attivo è la sfida che Red Hat affronta ogni anno. Uno sforzo significativo, ma le ricompense ne valgono la pena.
Nel 2017, quando ho assunto la carica di chief marketing officer in Red Hat (nella foto Tim Yeaton) ci siamo resi conto che il nostro logo non era più adeguato e necessitava di una rivisitazione. Come si aggiorna un brand che significa così tanto per le persone, al punto che alcune se lo sono anche tatuato sulla pelle? Abbiamo volute farlo nello stile di Red Hat – in modo aperto. Abbiamo lanciato un sondaggio a cui potevano partecipare tutti e raccolto i commenti di clienti, partner, Red Hatter e della community.
Un viaggio della durata di due anni, l’Open Brand Project, che non è stato né semplice né veloce. Ma incredibilmente istruttivo. E’ stato un modo per entrare in contatto con le persone e per consentire loro di condividere i loro pareri con noi. Ogni conversazione mi ha permesso di comprendere meglio come il mondo percepisce Red Hat, e ciò che Red Hat deve impersonificare a mano a mano che si evolve: una cultura di apertura, uno spirito di co-creazione, una volontà di condividere la conoscenza, e un impegno a fungere da catalizzatore per quelle comunità in grado di risolvere le principali sfide tecnologiche del mondo.